SulPanaro.it ha realizzato 4 puntate sulle criticità del nodo idraulico modenese
In questa terza puntata si affronta il dossier delle casse di espansione del Secchia, del Panaro e del Naviglio.
La provincia modenese è storicamente soggetta ai due fiumi che l’attraversano, il Secchia e il Panaro. L’idea di costruire le casse di espansione per difendere il territorio dalle acque nasce negli anni ’70, in seguito a una serie di esondazioni del Panaro nel 1966 e 1969 che “interessarono la periferia est di Modena” oltre alle esondazioni del 1972 e 1973. Sotto una crescente spinta della popolazione, gli amministratori dell’epoca decidono quindi di avviare i lavori delle casse di espansione sfruttando i bacini artificiali creati dalle cave negli anni ’60 per prelevare materiali inerti per l’autostrada del Sole. Una storia che inizia negli anni ’70 e che arriva fino ai giorni nostri: in questo dossier si ripercorrono le principali tappe.
Come funzionano le casse di espansione
Il funzionamento di queste opere idrauliche è simile a un rubinetto: in caso di piena la diga (manufatto regolatore) fa defluire lungo il corso del fiume a valle un quantitativo prestabilito di acqua, riempiendo il bacino definito cassa di espansione. Questo in teoria, ma in pratica entrano in campo altri fattori del sistema nodo idraulico come il deflusso delle acque, la pulizia dei fiumi, gli argini, le golene (leggi l’approfondimento nella puntata 2). Entrambe le casse di espansione nascono sotto l’egida del Magistrato per il Po, diventato Aipo.
La cassa di espansione del Panaro
Nel 1974 il Magistrato per il Po avvia la costruzione della cassa di espansione del Panaro nella zona a sud di Modena, fra San Damaso e Sant’Anna di San Cesario con 3 miliardi e 600 milioni di lire per un progetto in grado di contenere un volume di 15 milioni di metri cubi d’acqua. L’opera viene consegnata nel 1985, ma nel 1986 il cantiere viene riaperto per una durata di 10 anni aumentando la capacità a 25 milioni di metri cubi d’acqua con un secondo progetto da 30 miliardi di lire, realizzando una diga più grande e una cassa secondaria fuori linea all’interno del perimetro della cassa principale. La storia della cassa di espansione del Panaro si arricchisce a più riprese nel corso degli ultimi 40 anni: in totale i costi stimati e rivalutati ai giorni nostri sfondano il muro dei 30 milioni di euro, spesi per i diversi stralci. La cassa di espansione del Panaro diventa l’opera idraulica di questo tipo più grande in Italia, progettata per tempi di ritorno di TR100 anni.
La cassa di espansione del Secchia
Parallelamente al Panaro, anche sul Secchia – nella zona compromessa dalle attività estrattive fra Marzaglia e Campogalliano – viene progettata a partire nel 1974 con un finanziamento di 296 milioni di lire (oggi 4 milioni di euro) una cassa di espansione da 16 milioni di metri cubi d’acqua teorici. Ma il Secchia, pur essendo il secondo principale affluente di destra del fiume Po, viene dotato di una cassa di espansione inferiore con tempi di ritorno TR20 anni rispetto a quella del Panaro, costruita e poi adattata invece per TR100 anni. La Regione Emilia-Romagna con l’ordinanza numero 7 del 16/06/2015 stanzia 27 milioni di euro: di questi, 20 milioni di euro vengono destinati per il potenziamento della cassa di espansione del Secchia. I nuovi finanziamenti per la cassa di espansione del Secchia riguardano “l’adeguamento e il potenziamento degli argini della cassa stessa, anche mediante interventi di rialzo e l’adeguamento dei manufatti di regolazione (la diga, ndr)” e “integrano il progetto di ampliamento di oltre 40 ettari della cassa già previsto nel territorio di Rubiera”.
In questo modo la capacità di invaso della cassa di espansione del Secchia dovrebbe aumentare – si legge nell’ultimo progetto MO-E-1323 Aipo – di “4 milioni di metri cubi d’acqua”, portando la capienza complessiva a 20 milioni di metri cubi d’acqua teorici, per un “medio tempo di ritorno stimato di 50 anni”.
La vicenda delle casse di espansione realizzate a più riprese dagli anni ’70 a oggi non è ancora finita
Alla storia della cassa del Secchia si aggiunge un nuovo capitolo: i lavori di aumento della capienza si legano a doppio filo al Piano attività estrattive del Comune di Rubiera (in provincia di Reggio Emilia), da realizzare nella zona di Fontana di Rubiera.
Nella relazione di progetto della Variante generale 2016 al PAE del Comune di Rubiera si legge che l’intervento estrattivo avrà una durata totale di 10 anni per un totale “di materiale scavato pari a 3 milioni di metri cubi”. Sull’entrata in funzione della futura cassa di espansione, sempre nella relazione di progetto, c’è una stima: con i lavori (fase 1) di escavazione del lotto A della durata di 4 anni si “garantirà da subito un volume idrico invasabile pari a quello dell’intero ampliamento”. Per il momento manca la data di inizio lavori di scavo delle attività estrattive.
Oltre ai miliardi di lire e ai milioni di euro spesi per i costanti lavori di manutenzione sul nodo idraulico, sono da considerare anche i danni economici causati dalle alluvioni sul territorio che richiedono finanziamenti pubblici in stato di emergenza.
Immagine del Piano attività estrattive Pae 2016 di Rubiera
La cassa di espansione del Naviglio
Un altro punto critico del nodo idraulico modenese è situato a Bomporto, un comune a pochi chilometri da Modena in cui il canale Naviglio affluisce nel Panaro.
Ed è proprio a Bomporto che si trova la Darsena Estense con le Porte Vinciane costruita nel 1700, un sistema idraulico che in automatico chiude lo sbocco del Naviglio per impedire il reflusso delle acque quando il fiume Panaro è in piena. Negli anni recenti, gli alti livelli raggiunti dal Panaro in piena, e il conseguente aumento dei livelli del Naviglio, hanno messo in apprensione la popolazione del piccolo comune e di quelli limitrofi.
Per questo motivo nascono le casse di espansione a cura di Aipo, localizzate nell’area Prati di San Clemente, e in fase di ultimazione fra i comuni di “Bastiglia, Bomporto e nella frazione di Albareto del Comune di Modena”, dal costo stimato complessivo intorno ai 3 milioni di euro. Questa opera idraulica – che una volta conclusa rappresenterà di fatto la terza cassa di espansione presente sul territorio modenese – arriverà a contenere “circa 2 milioni di metri cubi di acque, così da consentire una esondazione controllata del Cavo Minutara e delle acque di rigurgito del Naviglio sul corso d’acqua Cavo Argine. La cassa di espansione a sud, inoltre, avrà anche la funzionalità di accogliere l’acqua in eccesso del Canale Naviglio a valle di Modena”, riporta il Comune di Modena in una nota. In sostanza la cassa dei Prati di San Clemente funziona come una valvola di sfogo che dovrebbe consentire al Naviglio di espandersi nella zona delimitata da argini nelle campagne fra Bastiglia e Bomporto. Aipo, riguardo i tempi di entrata in funzione, a febbraio 2019 scrive che “entro maggio sarà pubblicata la gara per ultimare la messa in sicurezza dei Prati di San Clemente con 1 milione 600 mila euro”.
GUARDA TUTTO IL NOSTRO SPECIALE EMERGENZA FIUMI
Puntata numero1 : cosa accade in montagna?
Puntata numero 2: Secchia e Panaro, l’erosione delle sponde e quegli argini insufficienti
Puntata numero 3: come funzionano le casse di espansione?
Puntata numero 4: ecco cosa succede nel groviglio di Modena Nord