Una lettera, accompagnata dalle tragiche fotografie delle alluvioni che regolarmente sconquassano il Paese lasciando dietro di sè devastazione e morte.
L’ha scritta un alluvionato toscano, Paolo Franceschetti, che prova così a chiedere attenzione e reclamare diritti, come la no tax area.
Il recente dramma vissuto dai cittadini di Bastiglia e di Bomporto è solo la 20^ puntata del medesimo Dramma nazionale. Tante sono state le alluvioni italiane susseguitesi dal febbraio 2011 a oggi, in più ci sono stati terremoti e persino una tromba d’aria nel modenese.
Se per il dissesto idrogeologico si deve parlare anche di prevenzione, nel caso di terremoti e trombe d’aria più che incrociare le dita non si può fare. Il vero problema delle calamità naturali è che non vi sia un quadro di aiuti certo per le aziende e le popolazioni colpite.
Da oltre mezzo secolo tutti noi abbiamo pagato le accise del Vajont, dal 66 paghiamo per Firenze, per i terremoti del Belice dal 68, del Friuli dal 76 e per l’Irpinia dal 1980. Oggi, dopo aver versato miliardi di euro in accise, alle vittime viene detto che non ci sono fondi e che sarà bene farsi un’assicurazione privata!
Gli alluvionati vengono quindi trattati come gli esodati, diventano “esondati”, han pagato accise tutta la vita ma soldi non ce ne sono per i loro danni. In più quando pagheranno le riparazioni, i nuovi arredi e le nuove auto verseranno all’Erario il 22% di Iva su quanto perduto nell’alluvione.
In pratica per lo Stato non rifondere ai privati conviene, riesce a “fare cassa” sulle vittime.
Ma non solo lo Stato, si pensi alla tassa di passaggio di proprietà delle auto usate che alcuni alluvionati acquisteranno, tassa di competenza della Provincia. In pratica, ipotizzando una danno ai privati di 100 milioni, l’Erario può aspirare a incassare 22 milioni di Iva, una manna. Ma se non ci sono i soldi per rifondere i danni, che almeno tolgano le tasse sulla ricostruzione.
La ricostruzione genera Irpef, Irap e Iva, non solo a favore delle casse centrali, ma anche per la Regione stessa. L’augurio è che non si ripeta quanto accaduto a Marina di Campo dopo l’alluvione del 7 novembre del 2011, un mio concittadino salvato miracolosamente dai pompieri, dopo aver perduto 2 auto, tutti gli arredi di casa e parte delle scorte della propria parafarmacia, si trovò a pagare pure l’addizionale Irpef comunale.
Purtroppo non esistendo una legge nazionale che preveda un protocollo di azioni e sgravi, tutto sarà delegato a sterili ed estenuanti trattative tra le parti: cittadini, enti locali e Governo centrale.
Le comunità di migliaia di cittadini alluvionati sparsi in tutta la penisola, che sommati ormai raggiungono una cifra considerevole, dovranno fare un’azione collettiva sui parlamentari di ogni regione per raggiungere l’obbiettivo comune di una Legge di Solidarietà Nazionale che rigetti al più presto i limiti posti da Berlusconi con la Legge 10/2011, poi reiterati e peggiorati da Monti con il DL 59/2012 che il prefetto Gabrielli non fa che confermare agli alluvionati, non ci sono soldi per voi ma, dopo un semestre di tregua fiscale, pagateci tutte le tasse!
Per la politica che non vuole occuparsi delle vittime delle calamità naturali, che non vuole riformare la fiscalità dello Stato in senso etico, almeno per i casi di gravi calamità, c’è il rischio del voto di protesta di centinaia di migliaia di cittadini giustamente “incazzati” come Lisa Secchia.
E su questo non ci sarà Porcellum o Italicum che possano contenerci, gli “argini” questa volta li romperemo noi.
Auguri,
Paolo Franceschetti
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