Una malattia cronica in costante crescita, definita dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) l’“epidemia dei primi 25 anni del terzo millennio”. E’ il diabete mellito, che richiede interventi continui e molteplici sui livelli glicemici e sui fattori di rischio cardiovascolari. In Emilia-Romagna (popolazione totale 4,4 milioni di persone, dato al 2014) si stima che gli adulti affetti da diabete mellito (tipo 1 e 2) siano pari a 256mila residenti (di cui circa 15mila con cittadinanza non italiana). I bambini e gli adolescenti (per la quasi totalità con diabete mellito di tipo 1) sono circa 900 (di cui 115 di cittadinanza non italiana). Negli ultimi anni, dal 2006 ad oggi, gli assistiti provenienti dall’estero con diabete sono raddoppiati.
Il punto sui percorsi assistenziali realizzati in base alle linee di indirizzo del Piano Nazionale Diabete verrà fatto lunedì 26 ottobre con ilworkshop organizzato dalla Regione, in collaborazione con Federazione Diabete Emilia-Romagna (FeDER), annunciato stamani in una conferenza stampa. “In questi anni – ha sottolineato Kyriakoula Petropulacos, direttore generale alla Sanità e Politiche sociali e per l’integrazione della Regione – in Emilia-Romagna si è realizzato un cambio di paradigma nella presa in carico del paziente, con un’integrazione forte delle varie professionalità coinvolte”. Petropulacos ha ricordato il ruolo delle associazioni dei pazienti, “partner fondamentali perché è grazie a loro che riusciamo a creare iniziative davvero innovative, come i campi estivi per i bambini affetti da diabete”.
“Oltre a programmare con la Regione, abbiamo cominciato anche a progettare insieme – ha spiegato Rita Lidia Stara di FeDER, sigla che raccoglie tutte le associazioni di diabetici – . La qualità dell’assistenza migliora quando i pazienti collaborano con i professionisti della salute e gli amministratori nella creazione di progetti con obiettivi comuni”.
Il diabete in Emilia-Romagna e in Italia
Nella popolazione emiliano-romagnola residente adulta, dai 18 anni in su, la prevalenza del diabete è attorno al 6,7% (sul totale, inclusi i bambini, è del 5,9%) con un incremento del valore negli ultimi anni in seguito anche all’identificazione precoce delle persone a rischio e all’anticipazione diagnostica. Nello specifico, la prevalenza nella popolazione adulta è più elevata negli uomini rispetto alle donne (7,5% a fronte del 6% nel 2014); nella popolazione over 65enne (16%); in condizioni socio-economiche svantaggiate; nella popolazione immigrata proveniente dall’Africa del nord e Asia del sud. A livello nazionale, l’Istat ha stimato in Italia una prevalenza del diabete pari al 5,5% della popolazione (oltre 3 milioni di persone nel 2014). Una percentuale che aumenta con l’età fino a raggiungere il 20,3% nelle persone con età uguale o superiore ai 75 anni.
“Il Piano Nazionale Diabete”
Nel 2013 il Ministero della Salute ha istituito “Il Piano Nazionale Diabete”, definendo alcune iniziative sulla prevenzione, diagnosi e gestione della patologia. Sin dalla metà degli anni ‘90, in Emilia-Romagna è maturata l’idea di sperimentare un modello a gestione integrata del paziente affetto da diabete mellito con il medico di medicina generale e i diabetologici. Nel 2001, le prime Linee guida regionali hanno delineato i principi fondanti del modello organizzativo con aggiornamenti continui fino a oggi. La componente più importante del team è la persona con diabete, che ha la responsabilità dell’autogestione, nella consapevolezza della propria condizione e della necessità di monitorarla in maniera continua. Nel 2010, in occasione del Piano regionale prevenzione 2010/2012, le associazioni dei pazienti (FeDER) sono entrati a far parte dei tavoli di lavoro regionali sulla malattia diabetica, quali interlocutori stabili nelle attività di programmazione e di verifica: è iniziata così una nuova collaborazione tra istituzioni e associazioni.
Il modello organizzativo dell’assistenza alla persona affetta da diabete mellito ha dato e sta dando risultati soddisfacenti. Si registra infatti:
– una riduzione dei ricoveri per qualunque causa da parte della popolazione dei diabetici (22,2% nel 2009, 21,6% nel 2014), con un incremento negli anni dell’assistenza a domicilio da parte del medico di medicina generale (3,5% nel 2009, 5,6% nel 2014) e degli infermieri (2,6% nel 2009, 5,4% nel 2014);
– una riduzione dei decessi per qualunque causa da parte della popolazione dei diabetici (5,2 % nel 2009, 4% nel 2014);
– una riduzione delle amputazioni maggiori (0,85 per mille nel 2009, 0,67 per mille nel 2014), con un incremento degli interventi di rivascolarizzazione (2,95 per mille nel 2009, 3,38 per mille nel 2014).
Il workshop del 26 ottobre
L’appuntamento è a Bologna, nella Sala Polivalente “Guido Fanti”, in viale Aldo Moro 50, dalle 9 alle 16.30. La Regione ha recepito le indicazioni del Piano, e ha costituito il “Comitato di indirizzo della malattia diabetica”, che individua le tematiche prioritarie su cui lavorano appositi gruppi coordinati da singoli componenti, con la partecipazione di esperti individuati sulla base delle specifiche competenze e in relazione alla tipologia degli argomenti trattati. Il Comitato è composto da professionisti dell’assessorato alle Politiche per la salute, dell’Agenzia sanitaria e sociale regionale, dalle società scientifiche di categoria (AMD e SID), dalle società scientifiche della medicina generale (SIMG e SNAMID), dalle direzioni generali delle Aziende Usl e delle associazioni dei pazienti (FeDER).
Quest’anno, in particolare, sono stati elaborati e formalizzati diversi documenti regionali come il piano diagnostico assistenziale per bambine/i e adolescenti con diabete mellito di tipo 1, le linee guida campi estivi, il protocollo per la somministrazione dei farmaci a scuola, la gestione integrata del diabete mellito di tipo 2, il percorso diagnostico terapeutico per il piede diabetico, le raccomandazioni regionali per un uso appropriato dei dispositivi medici negli adulti e in età pediatrica, il percorso ospedale-territorio del paziente diabetico in ospedale. Il Comitato di indirizzo ha programmato, inoltre, la realizzazione di un progetto specifico formativo per il “paziente esperto”, con cui i pazienti acquisiscono competenze nella definizione degli obiettivi relativi alla salute propria e della comunità, nell’interpretare i propri sintomi, nell’utilizzare la rete dei servizi in modo appropriato.