Uno studio del gruppo di ricerca del prof. Andrea Cossarizza di Unimore, finanziato da FISM e pubblicato sul Journal of Neuroimmunology, fa luce su alcune molecole coinvolte nello stato infiammatorio tipico della sclerosi multipla nelle forme progressive.
Cosa scatena l’infiammazione alla base della sclerosi multipla? Se infatti da tempo è noto che la SM è una malattia cronica a base autoimmunitaria, in cui l’infiammazione gioca un ruolo fondamentale nel danno a livello della mielina, la guaina che ricopre le fibre nervose, i meccanismi all’origine della patologia ancora sfuggono. Così come sfuggono, in parte, quelli che scatenano lo stato infiammatorio che la caratterizza.
Qualche indizio in più sul processo alla base della malattia, nelle sue diverse forme, arriva però oggi da uno studio pubblicato sul Journal of Neuroimmunology, da un team di ricercatori guidati da Andrea Cossarizza e da Milena Nasi di Unimore – Università di Modena e Reggio Emilia, insieme a Patrizia Sola e Diana Ferraro del Dipartimento di Neuroscienze dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria NOCSAE di Modena.
Gli scienziati hanno approfondito il ruolo che alcune molecole potrebbero avere nell’infiammazione sistemica che colpisce le persone con Sclerosi Multipla – SM, misurandone i livelli in pazienti e persone senza malattia. Lo studio, realizzato anche grazie ai finanziamenti di AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla e la sua Fondazione, potrebbe aprire le porte allo sviluppo di nuovi farmaci che prendano di mira queste molecole.
Il lavoro dei ricercatori modenesi si è concentrato nel comprendere meglio il ruolo di alcuni possibili indiziati, ovvero molecole già collegate all’infiammazione tipica delle persone con SM, sulle quali però si avevano risultati contrastanti.
“Le sostanze in questione, – scrivono gli scienziati -, sono normalmente racchiuse all’interno delle cellule, ma quando rilasciate nell’ambiente extracellulare da cellule danneggiate o morte innescano processi infiammatori. È il caso per esempio di HMGB1 (High Mobility Group Box 1, una proteina che regola il processo di trascrizione del DNA) e del DNA mitocondriale circolante, ovvero il materiale genetico contenuto nei mitocondri (gli organelli intracellulari deputati alla produzione di energia) libero nel plasma. Queste sostanze a loro volta potrebbero causare uno squilibrio nei mediatori dell’infiammazione dei pazienti con SM, quali le citochine”.
Per comprenderne meglio il ruolo, i ricercatori hanno così caratterizzato i livelli sia di queste molecole, sia delle principali citochine pro-infiammatorie in pazienti con forme progressive di sclerosi multipla (primarie e secondarie, rispettivamente abbreviate come PP e SP).
Gli scienziati hanno analizzato i livelli di queste sostanze nel plasma di 73 pazienti e di 42 persone senza SM, arruolati come controlli. I risultati hanno mostrato che in generale le citochine pro-infiammatorie erano più elevate nelle persone con SM rispetto ai controlli, ma alcune, come il TNF-alfa o l’interleuchina-8, erano più elevate in particolare nei pazienti con forme primariamente progressive. Il TNF-alfa correlava anche con le misure di gravità della malattia. I livelli di DNA mitocondriale libero nel plasma invece erano più alti nei pazienti con forme secondariamente progressive rispetto a quelli con forme primariamente progressive. Nessuna differenza, sia tra tipologia di pazienti che tra persone con SM e controlli, è stata osservata per la proteina HMGB1.
“Nel complesso quanto osservato, -conclude il prof. Andrea Cossarizza di Unimore -, mostra come le citochine che sono state analizzate e il DNA mitocondriale libero possano essere considerate come una sorta di marcatori dello stato infiammatorio cronico tipico della Sclerosi Multipla. I nostri dati ci permettono anche di ipotizzare che l’impronta e la patogenesi dello stato infiammatorio siano probabilmente diverse nelle forme primariamente e secondariamente progressive”.
Riferimenti: “Increased plasma levels of mitochondrial DNA and pro-inflammatory cytokines in patients with progressive multiple sclerosis”, Nasi M. et al., Journal of Neuroimmunology 338, 2020 (in press)