La spesa più cara si fa nella Bassa, Confersercenti “Ci sono anche gli oneri accessori”. L’associaizone commenta i dati che mostrano come una famiglia di Finale Emilia spenda fino a 600 euro all’anno in più di una famiglia di Fiorano, e come i prezzi, a parità di punto vendita, siano più cari a Mirandola rispetto a Carpi.
Ecco il testo del comunicato stampa:
Nessun intento polemico o desiderio di contrapposizione, anzi, il lavoro svolto dall’osservatorio di Federconsumatori per misurare dove costa meno fare la spesa è certamente utile e, aggiunge, FIESA – Federazione Italiana Esercenti Specialisti dell’Alimentazione – Confesercenti Modena, un ottimo spunto per sviluppare una riflessione costruttiva, più articolata e di respiro più ampio.
“Oggi, forse ancora di più che in passato – spiega Daniele Mariani presidente provinciale di FIESA – il costo della spesa va misurato tenendo conto del contesto e degli oneri che, forse, qualcuno considera ancora meramente accessori, ma che comunque incidono sulle tasche del cittadino. Mi spiego meglio. La rivoluzione avvenuta negli ultimi trent’anni nella rete distributiva ha sostanzialmente portato alla chiusura di migliaia di piccoli negozi alimentari di prossimità, con, per converso, l’apertura di grandi centri commerciali. Questi ultimi, necessariamente, sono collocati nella stragrande maggioranza dei casi nella cintura periferica delle località di maggiori dimensioni. Senza entrare nel merito della prossimità che comunque resta un valore, soprattutto quando si tratta di famiglie di anziani, è di tutta evidenza che si pone ad esempio una questione di uso del territorio e di inquinamento. Fattori questi ultimi che, se davvero crediamo che la Terra sia la nostra casa, non sono marginali.”
Vedere persone che arrivano ad un grande centro commerciale in bicicletta, ad oggi il mezzo di trasporto più ecologico – prosegue l’Associazione – è davvero improbabile. C’è poi il tema oggi tanto dibattuto del confezionamento compresi i prodotti alimentari freschi. L’impiego della plastica è certamente più diffuso nelle grandi strutture, anche in questo caso più per necessità che per volontà, ma così è. Si potrebbe poi proseguire con il tema degli sprechi. Fare la spesa in piccoli negozi significa acquistare esattamente quello che serve ed evitare di fare scorte o di comprare quantità eccessive di prodotti che poi, non di rado, almeno in parte vanno a finire nella spazzatura.
E poi c’è un tema, non meno importante, legato alle modalità d’approvvigionamento e alla qualità del prodotto. “Sia chiaro: non è una gara tra modelli distributivi, anche perché solo una rete equilibrata può garantire al cittadino una piena possibilità di scelta ed agli operatori commerciali un equo guadagno. Però parlare solo di prezzo al banco significa focalizzare l’attenzione solo su un aspetto, pur importantissimo, ma di certo non esaustivo. Dietro a quel prezzo c’è sempre un’intera filiera, fatta di uomini che lavorano e aziende che producono. Non ripetiamo l’errore fatto dagli economisti che per anni ci hanno parlato solo di PIL, Prodotto Interno Lordo, mentre oggi con sempre più frequenza si parla di indice di benessere sostenibile” conclude Mariani.