Siamo al rush finale, l’ultimo miglio della campagna elettorale più social di sempre, dove sarà importante ogni singolo voto nella resa dei conti di domenica 26 gennaio. Un duello elettorale a colpi di post e inserzioni a pagamento sui social network con mordaci “coup de theatre” in itinere ( dall’assist di Mihajlovihc alla Lega alla presenza del papà della Borgonzoni in mezzo alle “sardine”).
Non potevamo sperare in due candidati più dissonanti. Stefano Bonaccini (per il centrosinistra democratico e governatore uscente) rappresenta l’emblema del “buon governo conta più di ogni altra cosa”. Politico modenese navigato, classe 1967. Si accosta alla res publica alla fine degli anni ’80 tramite i movimenti per la pace. Diventa assessore alle politiche giovanili per la prima volta nel 1990 nel comune di Campogalliano.
Per confermare il mandato di presidente ha scelto un “stile” elettorale molto personale: niente simbolo del Partito Democratico sui manifesti (scegliendo addirittura il verde come colore predominante) e particolare focus sulla sua immagine di amministratore capace, competente e affidabile. Forte e sicuro del consenso rivendicato negli anni negli ambienti dell’elettorato tradizionale tra imprese e associazioni di categoria.
Lucia Bergonzoni (candidata leghista per il centrodestra) nata a Bologna nel 1974. Si avvicina alla Lega Nord durante gli studi superiori, tesserandosi nel 1992 all’età di 16 anni e guidando poi il movimento dei Giovani Padani. Per la corsa alle Regionali ha praticamente delegato la sua campagna al leader della Lega Matteo Salvini. “Sono fiera e orgogliosa di avere un segretario che è tra la gente ogni giorno”- ha dichiarato in un’intervista -“Io sono la candidata di una coalizione e faccio campagna per l’intera coalizione”. Ha polarizzato il suo programma sui temi nazionali e mediatici che le sono più cari. Poco presente nelle piazze, ha preferito gli incontri istituzionali con artigiani e imprenditori.
A correre come presidente in realtà sono in sette, ma lo scontro “vero” è tra il partito primo nei sondaggi a livello nazionale, la Lega, contro il Presidente di una regione ben amministrata, che viene reputato più adatto rispetto alla sfidante. Vincerà il trend nazionale o la specificità regionale?
L’Emilia Romagna è la “Regione Rossa” per antonomasia, simbolo nell’immaginario nazionale del “buon governo della sinistra” e governata da quest’ultima ininterrottamente dal 1970. Nonostante questo, negli ultimi anni il Partito Democratico e la sinistra si sono trovati spesso in difficoltà nel mantenere consensi.
Le Regionali del 2014, indette dopo le dimissioni anticipate di Vasco Errani a seguito dell’inchiesta “Terremerse” furono caratterizzate non solo dalla bassa affluenza alle urne (37.71% contro le 68% del 2010) stabilendo il primato dell’astensionismo alle elezioni regionali in Italia, ma il candidato Stefano Bonaccini fu eletto con una percentuale di gran lunga inferiore rispetto a quelle ottenute dai suoi predecessori (appena il 37% contro il 49%)
Tra la nascita del movimento delle sardine, le sempre più frequenti visite di Matteo Salvini e le polemiche in corso su Bibbiano, l’intero Paese guarda all’Emilia Romagna e la conquista della prima poltrona regionale sembra rappresentare lo spartiacque di un dibattito politico nazionale molto più ampio. La tenuta del Governo è davvero, come pensano in molti, legata all’esito delle Regionali? Quale effetto avrà il movimento dalle sardine sul voto?
Si tratta della prima elezione in cui la vittoria del centro sinistra non è data per scontata, minacciata dall’ opposizione di centro-destra, trainata dalla Lega, e dal Movimento Cinque Stelle: un vero e proprio evento politico in Emilia Romagna. La vittoria dell’una o dell’altra parte influenzeranno inevitabilmente le sorti del Governo.
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