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Coronavirus, anche Modena nella sperimentazione del Tocilizumab

da | Mar 20, 2020 | Cronaca | 0 commenti

L’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, sarà uno dei centri partecipanti allo studio, coordinato dall’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Napoli per valutare l’efficacia del Tocilizumab, nella cura dei pazienti colpiti dal COVID-19 e approvato dall’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA), come annunciato il 17 Marzo 2020. Lo studioTOCIVID-19 valuterà l’efficacia e la sicurezza del tocilizumab nel trattamento della polmonite a seguito del coronavirus. Il prof. Carlo Salvarani di UNIMORE, direttore della S.C. Reumatologia, è uno tra i quattro autori del protocollo nazionale, ed è co-investigatore principale.

Lo studio è stato promosso dall’Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Napoli in collaborazione con l’Università di Modena e Reggio Emilia, l’Azienda Ospedaliero-universitaria di Modena e l’Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia oltre che con la Commissione Tecnico Scientifica di AIFA. È frutto di una stretta sinergia tra diverse istituzioni pubbliche per valutare l’impatto di questo farmaco (approvato per l’artrite reumatoide e l’arterite a cellule giganti) che ha recentemente ricevuto segnalazioni di possibili benefici nei malati di coronavirus.

L’AOU di Modena parteciperà con le strutture in prima linea nella gestione dell’emergenza, che vedranno i loro direttori come investigatori principali locali: Malattie Infettive, diretta dalla prof.ssa Cristina Mussini di UNIMORE, Malattie dell’Apparato Respiratorio, diretta dal prof. Enrico Clini di UNIMORE, l’Anestesia e Terapia Intensiva del Policlinico, diretta dal prof. Massimo Girardis di UNIMORE e l’Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva dell’Ospedale Civile, diretta dalla dottoressa Elisabetta Bertellini, Covid Room Policlinico, diretta dal dottor Lucio Brugioni, Covid Room dell’Ospedale Civile, diretta dal dottor Giovanni Pinelli.

Il Tocilizumab – spiega il prof. Carlo Salvarani di UNIMORE – è un farmaco biotecnologico, già in uso soprattutto per il trattamento dell’artrite reumatoide, e dell’artrite idiopatica giovanile sistemica, una grave forma di artrite reumatoide dei bambini. Nella nostra Reumatologia lo usiamo da tempo con buoni risultati. L’idea di utilizzare il tocilizumab nasce da fatto che esso è un inibitore specifico dell’interleuchina 6, una citochina che gioca un ruolo importante nella risposta immunitaria ed è implicata nella patogenesi di molte malattie in cui vi è una importante risposta infiammatoria, in particolare le malattie autoimmuni. Ebbene, nelle più gravi polmoniti da COVID19, quelle che hanno la prognosi più severa, si è notato che il problema principale non è il virus ma l’abnorme risposta del sistema immunitario che produce una risposta infiammatoria esagerata, la così detta “tempesta citochinica”, responsabile del danno polmonare. Ebbene, questa eccessiva risposta immunitaria è in parte governata dalla interleuchina 6 e la sua inibizione può quindi ridurre questa risposta immunitaria abnorme con eccessiva infiammazione, e quindi ridurre il danno polmonare”.

Lo studio italiano vuole produrre dati scientificamente validi sul trattamento e consentire che l’uso attualmente già diffuso possa avviare un nuovo percorso che consenta di tracciare tutti i trattamenti e valutarne in maniera sistematica l’impatto terapeutico

Nelle scorse settimane – aggiunge la prof.ssa Cristina Mussini di UNIMORE – abbiamo cominciato a utilizzare Tocilizumab, in associazione con l’idrossiclorochina, per abbassare la carica virale nei pazienti COVID-19 positivi. Al momento nella ventina di pazienti nei quali è stato usato si rilevano buone risposte, anche se occorre più tempo per valutare i reali risultati della terapia. Ora, come centro sperimentatore, potremo approfondire questo studio e valutare l’efficacia Tocilizumab su un ampio campione di pazienti per capire se può essere un valido alleato contro tutte le polmoniti più serie, oppure solo su alcune di esse. Grazie alla collaborazione l’IRCSS di Reggio Emilia, in seno a UNIMORE, possiamo arruolare pazienti anche a Reggio Emilia e questo ci consentirà di essere uno dei centri con la casistica più ampia”.

La sperimentazione ha ottenuto ieri l’approvazione del Comitato Etico dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma che è stato identificato come Comitato Etico Unico Nazionale per la valutazione delle sperimentazioni cliniche dei farmaci, legate all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

“Partecipare a questo studio – ha commentato Luca Sircana, Direttore Sanitario dell’AOU di Modena – non è solo motivo di orgoglio professionale per tutti noi. Siamo soprattutto felici perché abbiamo la concreta possibilità di contribuire a dare una speranza terapeutica ai tanti pazienti che lottano con i nostri medici contro questa malattiaRicerca e Assistenza sono due aspetti fondamentali che in un’Azienda Ospedaliero – Universitaria come la nostra trovano una importante e immediata applicazione pratica. Ancora una volta la collaborazione con l’Ateneo è fondamentale in questo.”

Lo studio prevede due gruppi di pazienti, che beneficeranno dello stesso trattamento. Il primo gruppo (studio di fase 2) verificherà una ipotesi di riduzione della mortalità a un mese. Saranno trattati 330 pazienti ricoverati per polmonite da COVID-19 che mostrino i primi segni di insufficienza respiratoria o che siano stati intubati entro le ultime 24 ore.

Il secondo gruppo (raccolta dati o studio osservazionale) è stato concepito con l’obiettivo di migliorare le modalità di gestione dell’emergenza in corso e includerà i pazienti già intubati da oltre 24 ore e i pazienti che siano già stati trattati prima della registrazione sia intubati che non intubati. Il numero di questi pazienti non è definito a priori poiché la numerosità deriverà dalla valutazione dei risultati della fase 2 e dall’andamento della pandemia.

Questo studio, frutto della collaborazione tra illustri colleghi clinici di varie discipline, sia universitari sia ospedalieri – commenta il Rettore Carlo Adolfo Porro – è di estremo interesse e ci pone in prima fila nelle indagini sui meccanismi patogenetici del danno polmonare legato all’infezione da COVID-19, nonché sui possibili meccanismi terapeutici. Ne siamo orgogliosi e ci congratuliamo a nome di tutto l’Ateneo, in particolare con il Prof. Carlo Salvarani di UNIMORE in quanto co-investigatore principale a livello nazionale. Ne seguiremo con attenzione gli sviluppi e assicuriamo fin d’ora il massimo supporto e la massima collaborazione con l’Azienda Ospedaliero – Universitaria”.

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