Uno degli effetti dell’emergenza sanitaria è l’aumento a dismisura degli insoluti: si stima che oscillerà attorno al 60% la percentuale di fatture non pagate alle piccole imprese, dato che si aggiunge al ben noto problema del calo del fatturato.
In molti casi questi mancati pagamenti sono giustificati da effettive e gravi difficoltà, ma ci sono anche coloro che approfittano della situazione, nascondendo dietro l’emergenza la volontà di non pagare i propri fornitori.
“Quella degli insoluti – dice Alberto Papotti, segretario provinciale di CNA Modena – è una brutta abitudine italiana che oggi diventa particolarmente grave. In questa situazione, però, le iniziative di moral suasion, ricordiamo ad esempio le imprese che aderiscono volontariamente al circuito alimentato sui social #iopagoifornitori, non bastano più. Serve una stretta anche legislativa di fronte a comportamenti che non possono essere giustificati da una lettera scritta in un bell’italiano forbito ad anticipare la sospensione dei pagamenti. Perché con queste lettere, che ormai abbondano sulle scrivanie degli imprenditori, non si pagano né i dipendenti, né le bollette. È necessario verificare l’effettiva situazione di difficoltà finanziaria e punire i furbetti di turno”.
Il modo, secondo CNA, c’è. Verificare il bilancio precedente per valutare lo stato di salute dell’azienda che non paga, quindi analizzare la sussistenza dell’effettiva difficoltà finanziaria valutando il rapporto tra fatture emesse e crediti; quando questo rapporto si muove oltre parametri definiti, si possono prevedere sanzioni da utilizzare per alimentare un fondo con il quale sostenere la liquidità aziendale. “Lo Stato ha i sistemi per valutare queste condizioni che, al di là della loro funzione punitiva, possono contribuire a costruire una cultura della correttezza commerciale”.
“Per quanto ci riguarda, faremo di tutto per monitorare il problema e diffondere questa cultura, innanzitutto aderendo a movimento spontaneo #iopagoifornitori e promuovendolo tra i nostri associati. Ma anche questo non basta: serve che tutto il sistema creditizio entri in campo per garantire anche ai piccoli imprenditori la liquidità necessaria a gestire i flussi di cassa dell’impresa, compresi quelli che hanno rating con qualche problematicità. Perché il rischio è innescare una valanga che si ripercuoterebbe sulle stesse banche”.