A pochi giorni dalla presentazione del rapporto del progetto Prepair (Po Regions Engaged to Policies of Air) interrogazione alla Giunta: “ridurre le emissioni inquinanti e odorose e richiedere un report specifico e indipendente sugli allevamenti intensivi in regione”
A tre giorni dalla presentazione dello studio preliminare sugli effetti delle misure Covid-19 nelle emissioni in atmosfera e sulla qualità dell’aria nel Bacino Padano, Giulia Gibertoni (Gruppo Misto) prende la penna e pone una serie di domande estremamente particolareggiate sia sulle metodiche usate per la stesura del rapporto che per le azioni future, soprattutto in campo agricolo, che si vorranno adottare per la riduzione delle emissioni inquinanti e odorose, arrivando a sollecitare anche un report “specifico e indipendente” sugli allevamenti intensivi presenti sul territorio regionale.
Dal report presentato la scorsa settimana, si desumerebbe infatti – secondo quanto scritto in premessa dalla consigliera – “una diminuzione dell’inquinamento atmosferico nelle regioni del Bacino padano a marzo, nel periodo iniziale di applicazione del lock down”, ma tale riduzione “del 40% delle emissioni di Nox (ossidi di azoto e loro miscele) accompagnata da una riduzione del 14% delle emissioni di particolato primario è un risultato importante ma non del tutto sufficiente, nelle condizioni meteorologiche di stagnazione tipiche della pianura padana, per garantire il rispetto dei valori limite fissati dalle norme europee”.
Per la capogruppo un primo problema si riscontrerebbe proprio nelle metodiche dello studio. “Il documento- scrive- mostra con tutta evidenza come le figure responsabili dello studio sono le stesse che hanno ideato o collaborato alla realizzazione dei Piani regionali per la qualità dell’aria e che, ovviamente, tendono a convalidare e a caldeggiare la bontà dei suddetti piani […] che fino ad oggi, invece, non hanno dato i risultati attesi. Dallo studio emerge con chiarezza che le emissioni di ammoniaca non risultano ridotte, in quanto le attività agricole/zootecniche, che emettono oltre il 90% dell’ammoniaca, non hanno subito variazioni durante il lock down; piccole variazioni (-1% circa) sono dovute alla riduzione dei veicoli circolanti”.
Per Giulia Gibertoni le conclusioni preliminari dello studio rafforzerebbero le convinzioni secondo cui, per raggiungere gli obiettivi europei di qualità dell’aria, sia necessaria un’azione di “diminuzione consistente dei flussi di traffico” che si deve accompagnare a specifiche misure anche nell’ambito “del riscaldamento degli ambienti” così come in quei settori che emettono quegli inquinanti denominati “precursori”, fra i quali “l’ammoniaca derivante dalle attività agricole e zootecniche”. Per la consigliera modenese, inoltre, nonostante lo studio chiarisca come non sia possibile stabilire una relazione tra pandemia e inquinamento atmosferico, le informazioni raccolte potranno costituire una solida base anche per studi epidemiologici volti a indagare in maniera più approfondita e specifica tale relazione.
Ricordando infine l’importanza del settore zootecnico intensivo nella produzione di PM10, “con un peso rilevante degli allevamenti di suini (1 milione a tutto il 2016), bovini (oltre 500 mila capi nel 2016) e avicoli (oltre 26 milioni nel 2010)” e di quali disturbi possano derivare alle comunità umane che risiedono nelle vicinanze degli impianti zootecnici, Gibertoni avanza i suoi quesiti: oltre ad auspicare “studi realmente indipendenti e scientificamente fondati per evitare di promuovere documenti al solo fine di confermare le scelte politiche precedentemente assunte”, si richiede una valutazione dei dati preliminari presentati anche in ambito di coordinamento per azioni specifiche sul comparto agricolo. A queste due domande si aggiunge l’esortazione a mettere in relazione il progetto PREPAIR con analoghi progetti di ricerca in tema di inquinamento atmosferico e COVID-19 nonché con un sistema di buone pratiche finalizzato al miglioramento della sostenibilità delle produzioni animali nelle principali filiere zootecniche regionali, così come si invita a compiere un report specifico e indipendente sugli allevamenti intensivi presenti sul territorio regionale per arrivare a modificare i Programmi di sviluppo rurale (a partire da quello 2021-2026) ed evitando, nella sostanza, di finanziare con denaro pubblico chi inquina. In particolare, gli incentivi all’agricoltura andrebbero concessi solo a chi effettivamente alleva e coltiva in maniera sostenibile ed eticamente rispettosa della dignità degli animali ed utilizzando le risorse in un sistema di economia circolare”.