“La mia amica è fortunata: è ancora viva. Ci siamo conosciute in palestra a fare arti marziali ad alto livello. Lei ha sopportato le violenze del compagno per anni pur di non ammettere il fallimento della sua esperienza di coppia e nonostante i figli piccoli assistessero ai maltrattamenti. Avrebbe potuto difendersi agevolmente, ma non voleva farlo in nome dell’amore per il suo compagno che sperava di “redimere”. Solo quando si è resa conto che la situazione stava diventando pericolosa per i figli ha trovato dentro di sé a forza di interrompere la relazione».
E’ una storia esemplare quella che racconta Nicoletta Magnoni, volontaria del centro antiviolenza di Mirandola e insegnante di arti marziali. Una storia che dà speranze alle tante donne che anche nella Bassa soffrono in silenzio, donne cui va spiegato che un altro mondo è possibile, che ci sono strutture pronte all’aiuto e all’intervento. Si tratta degli sportelli antiviolenza che offrono servizi di ascolto, consulenza legale, accoglienza e rifugio, nei casi più gravi. Si trovano nella nostra area a Mirandola e a Medolla.
Come raggiungere una donna maltrattata nella sua solitudine?
«Siccome la sua condizione la costringe di solito a stare in casa, sarebbe opportuno che le informazioni sui centri antiviolenza fossero diffuse dalle televisioni locali, dalle radio, magari tramite applicazioni sugli smartphone. I volantini dovrebbero essere distribuiti in abbondanza nei luoghi che può frequentare: ambulatori, scuole, supermercati. Solo in questo modo un lavoro importante, che già viene svolto da volontarie formate, verrebbe portato a conoscenza di un pubblico molto più vasto di quello attuale, aumentando la visibilità e la possibilità di essere di aiuto»
Cos’altro si potrebbe fare?
«Altri campi di intervento, in funzione preventiva contro la violenza di genere, possono essere le iniziative contro il bullismo che in alcune scuole vengono portate avanti da insegnanti di arti marziali in collaborazione con gli insegnanti».
Intervenire sulla cultura e sull’educazione è la priorità, ma anche lavorare su se stesse può aiutare?
«Certo. Ci sono ad esempio i corsi di autodifesa, che se ben fatti, sviluppano l’attitudine alla reazione nei confronti di tutti i tipi di aggressione, senza dimenticare che non c’è tecnica di difesa che possa funzionare se la donna non vuole realmente allontanarsi da una situazione di maltrattamento».
Articolo originariamente apparso sul numero 2 del mensile SulPanaro.net