RISPARMIO E DINTORNI
di Paolo Campedelli
Il risparmiatore deve stare attento a ciò che afferma e soprattutto a ciò che firma allo sportello o davanti a un consulente. Maggiormente se deve rifirmare per ritoccare il proprio profilo di rischio, secondo le esigenze non proprie, ma delle banche; anche perché l’interesse della banca spesso finisce laddove inizia l’interesse del cliente.
Nel rapporto tra banca e cliente, la meta è rappresentata dalla fiducia, da intendere come convinzione che l’operato del proprio consulente sia volto a tutelare gli interessi a lungo termine della pianificazione finanziaria del cliente. Si dovrebbe partire dall’informazione, basata a sua volta sul dialogo e sulla chiarezza. Il questionario MIFID (normativa in vigore dal 2007) risulta la base di valutazione dell’adeguatezza delle scelte di investimento da effettuare, definendo un perimetro degli strumenti finanziari coerenti alle proprie caratteristiche. Il questionario si compone di 4 sezioni:
a) Informazioni socio-anagrafiche, per la raccolta di notizie sulla persona, la propria famiglia e gli studi conseguiti;
b) Esperienza e conoscenza in materia di investimenti, in cui non si deve avere il timore di fare la figura degli ignoranti;
c) Obiettivi di investimento, in cui manifestare l’orizzonte temporale di investimento e la tolleranza al rischio (ossia quanto si e disposti a perdere);
d) Situazione finanziaria, in cui rispondere con la massima sincerità, in quanto il Fisco dispone già di tutte le giacenze.
Una corretta profilazione conviene soprattutto al cliente, che deve quindi fare un esame di coscienza, quasi un auto-interrogazione per mettere a fuoco le proprie priorità e verificare se le valutazioni che emergono dal questionario corrispondono.
Può risultare difficile parlare liberamente del proprio denaro e dei propri obiettivi, ma è fondamentale per condividere con il nostro interlocutore scelte idonee alle nostre esigenze. Gli interrogatori non piacciono a nessuno, ma come quando si va dal medico, bisogna lasciarsi “radiografare” e non nascondere informazioni che possono invece risultare utili. Dire mezze verità è pertanto un errore strategico, che potrebbe fuorviare la valutazione del medico o del consulente. Una buona analisi delle esigenze del risparmiatore, il quale può decidere se e come condividere le scelte successive, scegliendo quale ruolo assumere, garantisce il buon livello di consulenza.
Può necessitare di un supporto già per la definizione dei obiettivi, di seguito delle strategie ed infine per la scelta dei prodotti, delegando in toto al consulente, che avrà così la responsabilità dell’adeguatezza delle proposte. Qualora il cliente abbia già chiaro i propri obiettivi e la strategia, potrà farsi aiutare dal consulente nella scelta degli strumenti, che risponderà pertanto solo della loro appropriatezza. Invece il risparmiatore fai-da-te, che ha già tutto chiaro e che intende condurre in proprio ogni operazione, rinuncerà di conseguenza ad ogni tutela di legge e da parte delle autorità di controllo.
Quale atteggiamento convenga, dipende dalla propria cultura finanziaria e dalla indole, tenendo presente però che gli studi sul risparmiatore italiano lo hanno descritto generalmente “poco preparato, ma molto/troppo sicuro di sé”. Parleremo in futuro di finanza comportamentale e delle distorsioni cognitive dei risparmiatori, su cui si sta concentrando la nuova normativa MIFID 2, che entrerà in vigore nel 2018.