«Una decisione che condividiamo perché la scelta sull’apertura o chiusura di un punto nascite non deve rispondere solo a criteri puramente tecnici, ma soprattutto socio-politici in quanto influenza il futuro di una comunità».
Lo afferma in una nota la Cisl Emilia Centrale, che esprime soddisfazione dopo la recente la decisione della Giunta regionale di chiedere al ministero della Salute la deroga per non sospendere l’attività di assistenza al parto in sei punti nascita della rete dell’Emilia-Romagna, tra cui Pavullo e Mirandola, nei quali si registrano meno di 500 parti l’anno.
«Le donne devono essere messe in condizione di partorire in luoghi sicuri e facilmente raggiungibili – dichiara il coordinamento femminile della Cisl Emilia Centrale – La richiesta di deroga per Pavullo è il riconoscimento di un’oggettiva specificità della montagna, così come quella per Mirandola, che si trova nel cratere del sisma. Mantenere o sopprimere un punto nascite non è una scelta semplicemente tecnica, ma politica, perché coinvolge le famiglie di un territorio e ha ricadute su larga scala». La Cisl sottolinea che il centro nascite di Pavullo possiede tutte le risorse professionali e tecnologiche che servono a garantire parti sicuri. Lo confermano l’esperienza degli operatori e i percorsi di accompagnamento collaudati in questi anni.
«L’Istituto Superiore di Sanità attesta che, con dieci decessi ogni 100 mila nati vivi, l’Italia è il Paese con il più basso tasso di mortalità materne al mondo – sottolinea Rosamaria Papaleo, componente della segreteria Cisl Emilia Centrale – I dati sono stati elaborati attraverso un sistema di sorveglianza attiva che monitora il fenomeno in otto regioni italiane, tra cui l’Emilia-Romagna. Questo è un indicatore di sicurezza e di buon funzionamento delle cure specialistiche prima, durante e dopo il parto nella nostra regione».
Tuttavia, se si dovesse procedere ugualmente alla razionalizzazione dell’ospedale di Pavullo, la Cisl chiede che si concretizzi il “percorso nascite territoriale” presentato alla conferenza territoriale sociale e sanitaria, che prevede la riorganizzazione della fase pre e post parto, e si proceda senza indugio con gli annunciati investimenti regionali (5,7 milioni di euro) su sale operatorie, pronto soccorso, 118, elisoccorso, chirurgie generali, ortopedica e Tac.
«La sanità pubblica a Modena non è solo un servizio, ma un elemento di identità e cittadinanza e, in quanto tale, va preservata e rafforzata – aggiunge Andrea Sirianni, altro componente della segreteria Cisl Emilia Centrale – In questo senso abbiamo bisogno che l’integrazione tra le due aziende sanitarie qualifichi ulteriormente e aumenti l’efficienza dei servizi mettendo al centro persone e territori. Occorre rendere strutturali le risorse umane ed economiche per favorire l’effettiva presa in carico del cittadino bisognoso dentro e fuori l’ospedale. Questo ambizioso progetto potrà realizzarsi solo attraverso la valorizzazione e il coinvolgimento di tutti gli operatori che – conclude il segretario Cisl – rappresentano il vero motore e l’anima della sanità pubblica modenese».