Concessa la proroga al punto nascita di Mirandola e a quello di Cento, reparti che rischiavano seriamente di chiudere e invece proseguiranno l’attività in quanto inseriti in zone del cratere sismico. A renderlo noto un comunicato della Regione.
La risposta è arrivata da Roma nel pomeriggio di mercoledì 4 ottobre e configura un destino diverso per i 6 punti nascita dell’Emilia-Romagna dove si registrano meno di 500 parti l’anno. Il ministero della Salute concede la deroga, chiesta lo scorso luglio dalla Regione per evitare la sospensione dell’attività di assistenza al parto, solo per gli ospedali di Scandiano, nel reggiano, e per i due del cratere sismico: Mirandola, appunto, e Cento nel ferrarese.
La richiesta di deroga, invece, non viene concessa per le strutture di Castelnovo ne’ Monti, nel reggiano, Pavullo nel Frignano in provincia di Modena e Borgo Val di Taro, nel parmense. Di conseguenza, l’attività in questi ultimi punti nascita dovrà essere sospesa. Per il ministero, infatti, non ci sono le condizioni di sicurezza necessarie per tutelare mamme e neonati in una delle fasi più delicate della vita.
“Abbiamo percorso tutte le strade possibili senza lasciare nulla di intentato – ha dichiarato l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Sergio Venturi -. Come Giunta avevamo deciso di chiedere la deroga per tutte e sei le strutture, non solo per Scandiano, Mirandola e Cento, anche considerando l’importanza che rivestono per il territorio, soprattutto quello montano, e dopo un lungo confronto portato avanti con le istituzioni e le comunità locali. Avevamo anche dato rassicurazioni sul fatto di voler e poter adeguare strutture e organizzazione rispetto ai parametri di sicurezza, a partire dal potenziamento degli organici, ma il pronunciamento del ministero è chiaro e adesso occorre attenersi a questa decisione, consapevoli che la sicurezza, quando si parla di sanità, deve sempre venire al primo posto. A maggior ragione se si tratta di donne che devono partorire e di neonati, perché uno dei momenti più belli della vita non debba trasformarsi in tragedia”.
“Abbiamo il dovere- aggiunge Venturi- di assicurare la stessa tutela indipendentemente dal luogo in cui un bambino viene alla luce, ed è questo l’unico obiettivo che ha sempre guidato le nostre decisioni. In campo non c’è mai stata la benché minima idea di risparmiare; e sospendere l’attività, come la decisione ministeriale stabilisce, non vuol dire certamente lasciare sole le future mamme e i loro bambini, tantomeno abbandonare le aree montane, come qualcuno afferma in maniera strumentale. Gli investimenti messi in campo dalla Regione per potenziare gli ospedali dell’Appennino, migliorare i Pronto soccorso e le sale operatorie, ampliare gli organici e i servizi, a partire da quelli pre e post parto, non si fermano- chiude Venturi- anzi, a maggior ragione saranno rafforzati. Sono già disponibili 13 milioni di euro da destinare a Castelnovo, Pavullo e Borgo Val di Taro, con progetti definiti e tempi decisi per la realizzazione degli interventi e delle misure previste”.
Il percorso sui Punti nascita
La risposta del ministero giunge dopo un lungo percorso condotto dalla Regione e uno studio svolto dalla Commissione regionale tecnico consultiva sulla rete ‘Percorso nascita’ dell’Emilia-Romagna, che conta 26 punti nascita attivi sul territorio.
Lo scorso luglio, la stessa Commissione aveva presentato in una relazione i risultati di quell’analisi, concentrata in particolare sull’attività dei centri periferici ‘Spoke’, rispetto ai grandi ospedali delle città. L’indicazione della Commissione tecnica era di chiedere al ministero la deroga per i due punti nascita del cratere sismico di Cento e Mirandola, dove il volume di attività, negli anni precedenti al terremoto, era superiore ai 500 parti l’anno e dove non è ancora possibile valutarne stabilmente il trend perché le strutture non hanno ancora riacquistato la piena funzionalità. Stessa richiesta di deroga era stata proposta anche per l’ospedale di Scandiano – dove soltanto nell’ultimo anno e per la prima volta il numero di parti è stato di poco inferiore a 500 (490) – per il quale la Commissione prevedeva un periodo di “osservazione” in attesa di valutare l’evolversi dell’attività.
La stessa Commissione aveva invece evidenziato la necessità di sospendere il servizio nelle altre tre strutture (Pavullo nel Frignano, Borgo Val di Taro e Castelnovo ne’ Monti), perché non vi sono le condizioni di sicurezza sufficienti, visto il numero di parti largamente inferiore ai 500 l’anno.
La Giunta regionale, per evitare la sospensione delle attività di assistenza al parto in luoghi di particolare importanza per il territorio, aveva però deciso di chiedere la deroga al ministero della Salute, tramite la Commissione nascita nazionale, per tutti e sei i punti nascita, impegnandosi, qualora fosse stata concessa, a dotare le strutture del personale necessario a garantire gli standard di sicurezza richiesti.
Ieri, a conclusione della lunga vicenda, è giunta la risposta del ministero.
Gli investimenti sul territorio
Per i tre ospedali dell’Appennino interessati dalla sospensione dell’attività, la Regione ha già programmato un piano di investimenti di 13 milioni di euro; parte degli interventi previsti è già stata realizzata e in alcuni casi le Aziende sanitarie hanno già approvato documenti preliminari di progettazione. Le risorse serviranno in particolare a migliorare i Pronto soccorso, le sale operatorie e l’accessibilità delle strutture sanitarie. È previsto poi un ulteriore incremento degli organici, con l’assunzione di circa 44 medici e infermieri che consentiranno di aumentare l’attività chirurgica e di realizzare almeno 1.500 interventi in più ogni anno, garantendo un futuro stabile e di sviluppo agli ospedali montani; oltre alla disponibilità ventiquattro ore al giorno sette giorni su sette, del servizio di elisoccorso notturno. Tutto ciò viene realizzato, in condivisione con le Conferenze territoriali sociali e sanitarie e con le Aziende sanitarie, proprio per preservare e migliorare ulteriormente la qualità e la sicurezza delle cure.
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