“Bisogna fronteggiare meglio i rischi di infiltrazione malavitosa o di possibili raffinate truffe sui rimborsi per la ricostruzione: il 2014 sarà infatti l’anno di maggiore esplosione del numero dei lavori cantierabili.
Un lavoro che andrà sostenuto e favorito con un urgente programma straordinario di controlli nei cantieri, senza inutili burocratismi, alla luce dell’inequivocabile allarme del Rapporto 2013 della Direzione Nazionale Antimafia, a proposito della ricostruzione nella Bassa”. Sono le osservazioni sulla ricostruzione di Franco Zavatti, coordinatore legalità e sicurezza Cgil regionale.
“Se nei cinque anni post-sisma dell’Aquila sono state 27 le imprese escluse da interdittive antimafia, in questi nostri primi due anni, sono già 20 le ditte escluse dalle White list delle quattro Prefetture nel cratere emiliano. Con l’unica eccezione della reggiana Sacogen riammessa dal Tar perché già collaboratori di giustizia, ed altre imprese, come la Baraldi, re-iscritte solo dopo ampie revisioni aziendali.
Un lavoro che continua e che dovrà continuare, con buona pace del senatore Giovanardi.
Dalle attività di controllo prefettizio, con la collaborazione stretta di DIA e GIRER-Gruppo Interforze dell’Emilia Romagna “emergono chiaramente collegamenti con la criminalità organizzata, nei cui confronti si sta procedendo con i previsti provvedimenti interdittivi”.
Resta però un lavoro notevole ancora da svolgere, a fronte delle 1.000 imprese già iscritte alle liste pulite, ma con 3.000 ancora in attesa.
Inspiegabile, e va risolto subito, il ritardo ministeriale che tuttora blocca il programma delle 18 assunzioni straordinarie – pronto da sei mesi in Regione – per rafforzare l’organico delle Prefetture del cratere, Modena in primis.
Anche perché il filtro delle White list è fondamentale, ma non l’unico ed esclusivo, potendo essere sapientemente aggirato, nelle pieghe normative e con l’ausilio di scafati consulenti.
Questo biennio di lavori, controlli ed osservazione dei fenomeni – ed il Sindacato ha necessariamente un occhio sensibile – evidenzia una ben strana “evoluzione e specializzazione” nelle modalità affaristiche.
Pesano le criticità dei bisogni reali di ricostruzione, dei tempi e sopratutto delle risorse limitate per controlli efficaci e diretti nei cantieri, che non riescono a superare il 7-9% dei casi.
Tante pratiche che risultano ineccepibili sulla carta, si traducono poi in modalità preoccupanti, ai limiti delle norme e mirate alla sovrafatturazione.
E con dimensioni che richiedono “organizzazione”.
1) Serve un potenziamento qualificato dei controlli in corso lavori, almeno per i cantieri pubblici e privati medio-grandi, con la costituzione di una struttura coordinata nell’Unione dei Comuni della Bassa.
A partire dagli accessi di mezzi, materiali e personale.
Automezzi pesanti con targhe fasulle, riconducibili ad innocue Fiat-panda.
Lavori privati affidati ad imprese che poi si moltiplicano in centinaia di subappalti.
Con la ditta appaltatrice che dispone del solo capocantiere e tante piccole imprese in subappalto che subentrano essendo sufficiente un semplice DURC, con personale dipendente fuori contratto, meglio se trasformati in partite Iva, o con squadre che cambiano nominativi ogni settimana.
Oppure con Durc che dichiarano tre lavoratori in carico ed altri quindici che sono invece di passaggio, in nero.
2) Altro aspetto di crescente criticità, riguarda un evidente ruolo di professionisti che organizzano “filiere” di progettazione/ esecuzione dei lavori.
Situazioni eclatanti e con dimensioni anomale.
In area reggiana del cratere, un’impresa presenta progetti per lavori, certificati con i dati totalmente falsificati – timbro, firma, iscrizione all’Ordine – di tecnici professionisti.
Ma ciò che più colpisce è la crescente tendenza all’accorpamento, in capo a singoli professionisti, di centinaia (200-300, anche casi di 500!) di progetti per lavori !
Incarichi che poi vengono sub-assegnati ad alcuni, e sempre quelli, studi di progettazione ed i cui lavori di esecuzione alle stesse imprese edili, modenesi e non.
3) Un effetto collaterale consiste nel crescente “rischio sovrafatturazione” rispetto all’effettivo danno subito, con progetti che includono ampliamenti dei lavori, dei materiali impiegati, dei costi non sempre in linea col “prezziario” regionale.
Se pochi casi, apparentemente isolati, di sovrafatturazione per 50.000/120.000 euro cadauno, sono invece visti all’interno di una “filiera” progettuale capace di organizzare centinaia di lavori, il conto allora è presto fatto!”